Il segreto degli alberi longevi
Da Neue Landschaft n. 3 – 2017
Ricercatori viennesi scoprono un meccanismo di propagazione con piccole mutazioni
Il più antico organismo individuale vivente al mondo, è un albero. Ha più di 5.000 anni. Una nuova ricerca degli scienziati dell’Istituto Mendel di Biologia Vegetale Molecolare e dell’Università di Vienna ha spiegato la longevità delle piante. I risultati indicano come alcune piante possono formare nel corso dei millenni nuovi organi senza accumulare troppe mutazioni durante la divisione cellulare. “Una grande prestazione”, come dice l’autore principale il Dr. Matt Watson del GMI.
Le divisioni cellulari sono connesse alle mutazioni
Tutti gli organi vegetali come foglie, steli e fiori nascono da un gruppo di cellule staminali, il meristema apicale. Queste cellule devono dividersi per produrre nuovi organi. Ma durante la divisione cellulare avvengono delle mutazioni. Questo ha condotto all’ipotesi annosa che gli alberi longevi trasmettano più mutazioni alla propria progenie rispetto a quelli con vita più breve. Troppe mutazioni che si accumulano nel corso delle generazioni possono portare, in ultima analisi, a discendenti non più vitali.
Un nuovo lavoro, pubblicato negli atti della National Academy of Sciences degli Stati Uniti, avanza ora una possibile spiegazione di come alcune piante possano comunque vivere a lungo:”in Arabidopsis la duplicazione della linea germinale e l’accumulo di mutazioni somatiche sono indipendenti dalla durata della vita vegetativa”. I risultati di questo studio provenivano principalmente dal laboratorio della Dott.ssa Karel Riha del Gregor Mendel Institut di Vienna, che ora conduce studi presso l’Istituto Centrale Europeo di Tecnologia (CEITEC) di Brno.
Errori durante le operazioni di copiatura nell’ambito della divisione cellulare
Una delle principali cause di mutazioni, nell’ambito della divisione cellulare, è il processo di duplicazione del DNA.
Ma in ogni occasione con questa operazione di copiatura si ripresentano errori. Il laboratorio di Riha ha voluto determinare quante volte si dividono le cellule della linea germinale di Arabidopsis thaliana (arabetta comune), in una sola generazione, e come sul dato incida l’aspettativa di vita della pianta.
Per questo i ricercatori hanno misurato due aspetti della duplicazione del DNA:
-
Perdita del DNA telomerico. Questo è il DNA che si trova alla fine del cromosoma e che si accorcia ad ogni divisione cellulare
-
L’accumulo di mutazioni causate da errori di copiatura.
Considerando questi punti hanno calcolato che per ottenere da un embrione madre un embrione figlia si hanno nella linea germinale circa 34 divisioni cellulari.
I ricercatori hanno trovato risultati interessanti quando hanno lasciato crescere le piante in fotoperiodi brevi. L’Aradopsis fiorisce in 30 giorni, con 16 ore di luce al giorno, dopo aver prodotto 10 foglie. Con sole 8 ore di luce ha bisogno di 90 giorni e prodotto,in precedenza, 70 foglie.
I ricercatori ipotizzano un modello gerarchico per le divisioni cellulari
Riha e i suoi colleghi si aspettavano che queste piante che fiorivano più tardi per produrre ulteriori foglie realizzassero più divisioni cellulari nel meristema apicale del germoglio e che si avessero così più mutazioni. Sorprendentemente hanno trovato che il numero di divisioni cellulari, che differenziano le piante madri e le piante figlie, era quasi identico in entrambi i casi.
Le cellule che formano alla fine il fiore, sebbene evidentemente si dividono, nella fase di crescita vegetativa raramente si dividono.
Altre cellule, viceversa, si dividono più spesso. I ricercatori hanno concluso che c’è un modello gerarchico nelle divisioni cellulari del meristema apicale delle gemme. Per testare il modello gli autori hanno marcato, all’inizio della crescita, il DNA delle piante con sostanze coloranti fluorescenti e hanno controllato – successivamente per giorni e settimane – le cellule fluorescenti.
Solo le cellule che non si erano divise in questo periodo hanno mantenuto il segnale fluorescente.
In accordo con il loro modello gli autori hanno riscontrato che alcune cellule marcate sono state visibili per 19 giorni: cellule che producono, verosimilmente, il tessuto riproduttivo.
I meristemi possono essere attivi per migliaia di anni.
Il dott. Riha aggiunge: “Questi dati suggeriscono un meccanismo che concorre alla notevole longevità delle piante. In alcune piante i meristemi possono essere attivi per migliaia di anni e produrre nuovi organi”. Mantenere i genomi, per l’intero periodo, privi di mutazioni era cosa non da poco. Il modello gerarchico, che il suo team ha formulato, offre una spiegazione plausibile di come potrebbe funzionare. Il modello assomiglia ai nuovi modelli delle nicchie staminali umane. Quindi il dott. Riha “Concludo che piante e animali hanno sviluppato meccanismi simili per proteggere i loro genomi e rendere possibile al contempo un elevato numero di divisioni cellulari, necessarie per la crescita e lo sviluppo”.